martedì 20 dicembre 2016

Steve McCurry. Senza Confini 28 ottobre 2016-12 febbraio 2017 al PAN di Napoli


Steve McCurry. Senza Confini
28 ottobre 2016-12 febbraio 2017 al PAN
di Napoli


Sarà perché condividiamo entrambi la data di nascita (negli anni Cinquanta ahinoi), sarà perché concordiamo naturalmente sul valore storico e culturale  della arte fotografica sin dal tempo dell’analogico (la pellicola fotografica); sarà perché, abbiamo subito il fascino della transizione al digitale ma il Maestro, Steve McCurry  penetra l’atto percettivo espandendolo e lo rende sublime elaborazione mentale. Per me è un fotografo "empatico". Se Henry Cartier-Bresson mi induce una genuflessione di riverenza, con "Steve" mi sento come "a casa", me lo vedo dinanzi ad una birra oppure mi immagino con lui in un fuoristrada nell’atto di percorrere in lungo e largo paesaggi naturali ed etnici. 
L’ Autore cattura comunque a livello transgenerazionale: alle sue mostre corrono anche le giovani generazioni, sempre attivamente presenti. Il maestro è capace di immaginare e costruire con grande precisione progettuale set luminosi di scatti memorabili (si pensi allo scatto della locomotiva a vapore in India p.e. che è uno scatto meditato) ovvero padroneggia le istantanee, ove occorra. Nelle istantanee emerge l’istinto del fotoreporter di guerra, quella capacità di inseguire  eventi minacciosi e saper raccontare grandi eventi con semplicità emozionale. Lui  era presente per caso nella sua NYC, alla tragedia delle Torri Gemelle, l'11 Settembre: ancora in preda al jet lag, ha impugnato la macchina  è sceso nella bolgia infernale, nelle strade, tra polvere e morte, esponendosi - come in ogni teatro di guerra che ha testimoniato.   McCurry è attivo da oltre quaranta anni ed ha ancora tanto da donarci. 
Partì giovane e armato solo di zaino e fotocamera: travestito con abiti tradizionali, ha attraversato il confine tra il Pakistan e l'Afganistan, controllato dai ribelli poco prima dell'invasione sovietica. Quando rientrò, portò con sé rotoli di pellicola in B/N (che non ama particolarmente) cuciti tra i vestiti. Quelle immagini, che sono state pubblicate in tutto il mondo, sono state tra le prime a mostrare il conflitto al mondo intero. Vinse la Robert Capa Gold Medal for Best Photographic Reporting from Abroad, che premia fotografi che si sono distinti per inusuale coraggio e per le loro imprese. McCurry ha poi continuato a fotografare i conflitti internazionali, tra cui le guerre in Iran-Irak, Beirut, in Cambogia, nelle Filippine ecc. Il lavoro di McCurry è spesso legato alla prestigiosa rivista National Geographic Magazine. McCurry è membro della Agenzia Magnum dal 1986. 





Il progetto espositivo è stato attentamente curato da Biba Giacchetti – che ha curato anche un bel libro, Steve McCurry, Icons, della Sudest57. L'esposizione propone un itinerario nel mondo di McCurry, dall'Afghanistan all'India, dal Medio

Oriente al Sudest asiatico, dall'Africa a Cuba, dagli Stati Uniti all'Italia, attraverso immagini, in cui la presenza umana è sempre protagonista, anche attraverso vetri ed ombre. Nel suggestivo allestimento di Peter Bottazzi (bellissime le scale scomposte ed articolate come pagine lignee) questa umanità ci viene incontro con i suoi sguardi di paura, di fierezza, in  una sorta di caleidoscopio ove plurime età, culture, etnie, si miscelano nell’album della vita globale. E  McCurry è sicuramente l’Artista della globalità, colui che si nutre della diversità attraverso una sonda empatica. 

“La mostra propone infine a tutti i visitatori una audioguida in cui McCurry racconta i suoi scatti in prima persona, con appassionanti testimonianze e alcuni filmati dedicati ai suoi viaggi, all'avventura della sua vita e della sua professione. Per conoscere meglio il suo modo di fotografare, ma soprattutto la sua voglia di condividere la prossimità con la sofferenza, con la gioia e con la sorpresa.”








Una mostra imperdibile che si terrà sino al 12 Febbraio 2016 in Via dei Mille. Buona Napoli.(am)







domenica 22 maggio 2016

A CASO

Vesuvio da Pompei

Guida giapponese in Grecia

Pompei



Museo di Olimpia

Strada romana (Pompei)

Assuan: mausoleo dell'Aga Khan

sabato 23 aprile 2016

PAESAGGI

Patagonia argentina

Mollusco solitario

Lago Argentino

Nilo egiziano: il trasportatore

Egitto: danzatore derviscio

Engadina (CH)

venerdì 22 aprile 2016

B&W: SALTI TEMPORALI

Madrid: Tempi tolemaico

Nilo: Assuan

Barcelona: tra la folla

Nilo

Pompei

Madrid

Cuba: la Santera
Trani: jam session (Guido Di Leone)

Trani: Tempi di Giano


AGRO DI GIANO



 











SCOMPARSO IL MAESTRO FULVIO ROITER



"La mia patria è la luce""L'abitudine distrugge l'occhio" (Fulvio Roiter)


Non nascondo che le sue foto di maschere veneziane mi hanno influenzato in giovinezza suggerendomi di approfondire la fotografia. Un mistero poetico aleggia nelle sue foto del Carnevale. 
E' scomparso il 18 Aprile, all'età di 89 anni, il fotografo veneziano Fulvio Roiter. Era nato a Meolo (Ve) il 1 novembre 1926.  Il Maestro di fotografia è spirato «serenamente, senza alcun accanimento», all'ospedale di Venezia. 

Roiter con la sua Leica

Studiò come perito chimico, e dal 1947 si è dedicato alla fotografia, privilegiando per venticinque anni circa l'uso del bianco e nero. Membro del gruppo fotografico veneziano "La Gondola", divenne professionista dal 1953, realizzando il primo reportage fotografico in Sicilia che pubblica (1954); nel 1957 cura un reportage su Brasilia. Ha collaborato dal 1968 con la casa editrice Atlantis Verlag AG di Zurigo (ebbe risonanza il volume "Viva Mexico" del 1979); nel 1981 ha fondato la casa editrice Dagor Books. Famosi i suoi  reportages su Venezia e sul Carnevale di Venezia. Ha pubblicato un centinaio di volumi fotografici: citiamo "Venise à fleur d'eau" (1954); "Ombrie terre de Saint François" (1955); "Andalousie" (1957); "Naquane" (1966); "Essere Venezia" (1977) che fu dichiarato il miglior libro agli incontri internazionali di fotografia di Arles (1978); "Laguna" (1978); "Cantico delle creature" (1982); "Visibilia" (1992); "La mia Venezia" (1994); "Vaticano" (1997); "Il nuvolario" (1998); "Champagne" (1999); "Viaggio italiano" (1999); "Sardegna. Tutti i colori della luce" (2005). Numerosi i riconoscimenti e premi assegnatigli (il Premio Nadar è del 1956). 

Si interessò anche di etnofotografia dal 1964, raccontando la vita di tribù africane. (achille miglionico)