Steve McCurry. Senza Confini
28 ottobre 2016-12 febbraio 2017 al PAN
di Napoli
Sarà perché condividiamo entrambi la data di nascita (negli anni Cinquanta ahinoi), sarà perché concordiamo naturalmente sul valore storico e culturale della arte fotografica sin dal tempo dell’analogico (la pellicola fotografica); sarà perché, abbiamo subito il fascino della transizione al digitale ma il Maestro, Steve McCurry, penetra l’atto percettivo espandendolo e lo rende sublime elaborazione mentale. Per me è un fotografo "empatico". Se Henry Cartier-Bresson mi induce una genuflessione di riverenza, con "Steve" mi sento come "a casa", me lo vedo dinanzi ad una birra oppure mi immagino con lui in un fuoristrada nell’atto di percorrere in lungo e largo paesaggi naturali ed etnici.
L’ Autore cattura comunque a livello transgenerazionale: alle sue mostre corrono anche le giovani generazioni, sempre attivamente presenti. Il maestro è capace di immaginare e costruire con grande precisione progettuale set luminosi di scatti memorabili (si pensi allo scatto della locomotiva a vapore in India p.e. che è uno scatto meditato) ovvero padroneggia le istantanee, ove occorra. Nelle istantanee emerge l’istinto del fotoreporter di guerra, quella capacità di inseguire eventi minacciosi e saper raccontare grandi eventi con semplicità emozionale. Lui era presente per caso nella sua NYC, alla tragedia delle Torri Gemelle, l'11 Settembre: ancora in preda al jet lag, ha impugnato la macchina è sceso nella bolgia infernale, nelle strade, tra polvere e morte, esponendosi - come in ogni teatro di guerra che ha testimoniato. McCurry è attivo da oltre quaranta anni ed ha ancora tanto da donarci.
Partì giovane e armato solo di zaino e fotocamera: travestito con abiti tradizionali, ha attraversato il confine tra il Pakistan e l'Afganistan, controllato dai ribelli poco prima dell'invasione sovietica. Quando rientrò, portò con sé rotoli di pellicola in B/N (che non ama particolarmente) cuciti tra i vestiti. Quelle immagini, che sono state pubblicate in tutto il mondo, sono state tra le prime a mostrare il conflitto al mondo intero. Vinse la Robert Capa Gold Medal for Best Photographic Reporting from Abroad, che premia fotografi che si sono distinti per inusuale coraggio e per le loro imprese. McCurry ha poi continuato a fotografare i conflitti internazionali, tra cui le guerre in Iran-Irak, Beirut, in Cambogia, nelle Filippine ecc. Il lavoro di McCurry è spesso legato alla prestigiosa rivista National Geographic Magazine. McCurry è membro della Agenzia Magnum dal 1986.
Il progetto espositivo è stato attentamente curato da Biba Giacchetti – che ha curato anche un bel libro, Steve McCurry, Icons, della Sudest57. L'esposizione propone un itinerario nel mondo di McCurry, dall'Afghanistan all'India, dal Medio
Oriente al Sudest asiatico, dall'Africa a Cuba, dagli Stati Uniti all'Italia, attraverso immagini, in cui la presenza umana è sempre protagonista, anche attraverso vetri ed ombre. Nel suggestivo allestimento di Peter Bottazzi (bellissime le scale scomposte ed articolate come pagine lignee) questa umanità ci viene incontro con i suoi sguardi di paura, di fierezza, in una sorta di caleidoscopio ove plurime età, culture, etnie, si miscelano nell’album della vita globale. E McCurry è sicuramente l’Artista della globalità, colui che si nutre della diversità attraverso una sonda empatica.
“La mostra propone infine a tutti i visitatori una audioguida in cui McCurry racconta i suoi scatti in prima persona, con appassionanti testimonianze e alcuni filmati dedicati ai suoi viaggi, all'avventura della sua vita e della sua professione. Per conoscere meglio il suo modo di fotografare, ma soprattutto la sua voglia di condividere la prossimità con la sofferenza, con la gioia e con la sorpresa.”
Una mostra imperdibile che si terrà sino al 12 Febbraio 2016 in Via dei Mille. Buona Napoli.(am)